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mercoledì 11 aprile 2012

Pannelli Solari

Lo Stato del Cearà, di cui Fortaleza è la capitale, sarà il primo stato del Brasile a dotarsi di una fabbrica che produrrà pannelli fotovoltaici, volta a soddisfare sia la domanda interna che quella dei Paesi confinanti.
La fabbrica sarà installata nel comune di Sobral su un'area di 6 ettari donata dal Comune al gruppo tedesco Arinna/Asunim e inizierà a produrre pannelli fotovoltaici a partire da gennaio 2013.
Con questa fabbrica il Brasile non avrà più bisogno di importare i pannelli dall'estero.

L'investimento del gruppo tedesco si aggira sui 20 milioni di reais e avrà una capacità produttiva di circa 60 MegaWatt per anno.
Il Brasile, anche se in ritardo, entra comunque a far parte del club dei grandi produttori di energia pulita, vista la già enorme produzione di energia eolica e dei carburanti "verdi" quali biodiesel e etanolo.
Parabens...

mercoledì 8 febbraio 2012

Il Cearà è "attraente"

In seguito alla grave crisi economica e politica che si è abbattuta sul Vecchio Continente, i Paesi "emergenti", quali il Brasile, stanno vivendo una maggiore visibilità dalla quale traspare uno scenario più attrattivo riguardo agli investimenti
Lo Stato del Cearà è al 2° posto nella classifica generale tra gli stati del Brasile dove si registra la maggior quantità di investimenti da parte di stranieri.
Il Cearà, con quasi 30 milioni di reais, si pone dietro allo Stato di Sao Paulo che attrae poco più di 40 milioni di reais.

Tra i cittadini stranieri che investono di più in tutto il Brasile, troviamo al 1° posto gli Italiani con circa 35 milioni di reais, seguiti dagli Spagnoli con circa 25 milioni di reais e al 3° posto i Cinesi con circa 20 milioni di reais.

giovedì 22 dicembre 2011

11,4 milioni di brasiliani vivono in favela

I dati del Censimento 2010 rivelano che ben 11,4 milioni di brasiliani (circa il 6% di tutti gli abitanti), pari alla popolazione della Grecia, vivono in zone occupate illegalmente senza servizi pubblici e di urbanizzazione.
Sono state individuate ben 6.329 favele in 323 città.
Il problema più grave riguarda la città di Belem (capitale del Parà) dove ben il 54% della popolazione vive in favela.


Rio de Janeiro, in valore assoluto, è la città che maggiormente preoccupa avendo ben 763 favele nelle quali vivono 1 milione e 300mila persone su un totale di 6 milioni e 300mila.
Rio ha anche il triste primato di avere la favela più grande del Brasile, quella della Rocinha, con ben 70mila residenti.
Il tasso di analfabetismo nelle favele è molto alto e supera in alcuni casi di molto il tasso di analfabetismo in tutto il Paese che si attesta al 9,6%.
Le situazioni più gravi di analfabetismo delle persone che vivono in favela si registra nello Stato di Alagoas con il 26,7% della popolazione seguito dallo Stato di Paraiba (21,3%) e Rio Grande do Norte (16,3%).
Le condizioni economiche in cui vivono sono facili da immaginare anche perchè ben il 50% della popolazione residente in favela non riesce a guadagnare più di un salario minimo.
Per quanto riguarda il Nordeste vediamo che il Pernambuco occupa la prima posizione con 347 favele seguito da Bahia con 280 favele e al terzo posto troviamo lo stato del Cearà con 226 favele.
La favela di Pirambu situata a Fortaleza (Cearà) è la settima più grande del Brasile con circa 43mila residenti.
Concludo con una notizia positiva: la città di Campo Grande, capitale dello Stato del Mato Grosso do Sul, presenta solo lo 0,2% della popolazione che vive in favela!
Acorda Brasil!

martedì 6 dicembre 2011

Il Diavolo veste...Zara?

La nota marca spagnola di abbigliamento, è stata chiamata a presentarsi presso la Commissione dei Diritti Umani di Sao Paulo.
Presso la società AHA che è la intermediaria brasiliana della Zara sono stati trovati ben 60 lavoratori stranieri (boliviani) in condizioni degradanti, con condizioni igienico sanitarie disumane per la mancanza di bagni, e che percepivano solo 20 centesimi di reais per pezzo prodotto con orari di lavoro al di sopra delle 14 ore al giorno.
Da qui parte l'accusa per Zara di far ricorso a lavoratori in condizione di semi-schiavitù

Zara ha riconosciuto le irregolarità di cui è accusata ma risponde alle accuse dicendo che essendo una multinazionale non può certo controllare tutti i propri fornitori e ha confermato che non romperà l'accordo con la fornitrice AHA, ma rafforzerà i controlli sui fornitori e sulle condizioni dei lavoratori.
Zara rischia una multa milionaria ben al di sopra dei 10 milioni di reais!
E' veramente triste sapere che in un Paese come il Brasile, protratto com'è verso il futuro e verso lo sviluppo sano e sotenibile, che vuole scrollarsi di dosso il titolo di Paese del Terzo Mondo, possano ancora essere accettate e tollerate simili pratiche di sfruttamento da parte di potenti lobby
 internazionali.
Acorda Brasil!

martedì 20 settembre 2011

Il Brasile sarà il 3° produttore di petrolio

Presto il centro di gravità del mondo energetico si sposterà dal Medio Oriente al continente americano. Alcuni segnali di questo cambiamento sono già evidenti leggendo le statistiche Opec: non è più l’Arabia Saudita il paese con il maggior numero di riserve di olio combustibile (264 miliardi di barili), ma il Venezuela (296), grazie alla scoperta di nuovi giacimenti nella regione del fiume Orinoco. Ma l’ascesa del Venezuela non è l’unica novità. Stando al New York Times la produzione del Brasile, che ha scoperto immensi giacimenti offshore, nel 2020 toccherà quella dell’Iran (oggi terzo produttore mondiale), mentre la Colombia – che oggi è al livello della Algeria – entro un decennio potrebbe raggiungere i livelli della Libia.


La scoperta di nuovi immensi giacimenti negli Stati Uniti e in Canada, in Brasile e in Messico, persino in Argentina, completa il quadro. Che cosa è accaduto? Al centro di questo radicale cambiamento sta, come spesso avviene nella storia, una rivoluzione tecnologica. Grazie a tecniche introdotte solo da pochi anni, e in via di rapido perfezionamento, enormi giacimenti di gas e di olio combustibile, fino a ieri troppo costosi da sfruttare, sono diventati economicamente competitivi. E si tratta di riserve enormi: due trilioni di barili negli Usa, almeno altri due nel Sudamerica, 2,4 in Canada.
Numeri stellari se si pensa che le riserve convenzionali di olio combustibile, nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, arrivano “solo” a 1,2 trilioni.
L’estrazione di olio combustibile non convenzionale dalle rocce, in Texas e nelle regioni delle Grandi Pianure, toccherà presto i 1,5 milioni di barili al giorno. Il New York Times prevede che entro il 2020 la dipendenza di olio combustibile dall’estero potrebbe essere largamente ridotta, forse azzerata.
Queste tecniche prevedono di fratturare le rocce e iniettare acqua e sostanze chimiche in modo da liberare gas e olio combustibile fino a ieri intrappolati nel terreno e troppo costosi da estrarre. In molti casi queste procedure sono contestate dagli ambientalisti per gli effetti provocati sull’ambiente, in particolare sulle falde acquifere. Ma il loro uso dilaga in molte regioni, specie negli Stati Uniti e in Canada. Ed è possibile prevedere che, di fronte a un business di queste dimensioni, e di tale importanza per l’indipendenza energetica degli Usa, l’innovazione tecnologica sia così rapida da contenere le obiezioni ambientaliste.
Myers Jaffe, in un provocatorio articolo sul mensile Foreign Policy sostiene la rivoluzione energetica che maturerà nel corso di questo decennio comporterà una secca perdita di centralità strategica da parte del Medio Oriente a favore delle Americhe. I governi del Medio Oriente perderanno il potere di decidere il prezzo del greggio. E non potranno più contare sugli aumenti del barile per placare l’instabilità sociale dovuta alla rapida crescita demografica.
È la fine dell’Opec? Il ragionamento di Myers Jaffe offre interessanti suggestioni. La nascita di nuovi poli energetici crea nuovi flussi di ricchezza nel mondo, accelera l’emergere di paesi come il Brasile (il quale sta costruendo nuovi sottomarini nucleari per difendere i propri giacimenti offshore), può generare nuove instabilità (specie in alcuni paesi del Sudamerica, come la Colombia e il Nicaragua), e ridare agli Stati Uniti la leadership tecnologica nel settore. Ma è difficile pensare che il Medio Oriente possa perdere la sua centralità strategica. Ci sono diverse ragioni che spingono a pensare il contrario. La prima ragione è squisitamente tecnica: il petrolio dei paesi del Golfo è il più leggero, il migliore e il meno costoso da estrarre. La seconda ragione è geo-economica: la domanda di gas e di petrolio continuerà a crescere al galoppo nei prossimi decenni. Ieri sono state pubblicate le previsioni dell’International Energy Outlook (IEO, un organo del Department of Energy Usa).

Ebbene, tra il 2008 e il 2035 la richiesta mondiale di energia crescerà del 53 %, e la metà di questo aumento verrà da Cina e India. La Cina, in particolare, nel 2035 consumerà un terzo dell’energia mondiale, il 68% in più degli Stati Uniti. Secondo le previsioni dell’IEO per quella data il prezzo del petrolio arriverà a 133 dollari e la domanda crescerà, rispetto al 2008, di 28 milioni di barili al giorno. Va sottolineato che si tratta di previsioni che non tengono ancora conto dell’effetto che l’incidente di Fukushima è destinato ad avere sulla produzione di energia nucleare, che difficilmente, dopo quello choc, raddoppierà (come invece dicono le previsioni dell' IEO). Quindi è probabile che il consumo di combustibili fossili sia ancora più alto. E in questo contesto è ben difficile immaginare che i paesi del medio Oriente siano destinati a perdere peso a meno che non interverranno variabili imprevedibili come l'innovazione tecnologica e gli equilibri socio-politici (conflitti etc.) che cambieranno ancora una volta le carte in tavola.
Chi vivrà, vedrà....


venerdì 9 settembre 2011

La Banca Centrale riduce il costo del denaro

La Banca Centrale Brasiliana ha ridotto di mezzo punto (0,5 %) il costo del denaro portandolo al 12%
Nonostante il banco centrale abbia effetuato il taglio del Selic, i tassi d'interesse brasiliani rimangono tra i piu' alti del mondo, segue Russia(8,25%) Egitto(8,25%) Cina(6,56%) e Turchia(5,75%) pensate che in alcuni paesi dell'Unione Europea e Giappone il tasso e molto vicino allo zero.
La decisione di tagliare il costo del denaro e' frutto di una strategia che pone il paese al riparo da eventuali contraccolpi che potrebbe generare la crisi mondiale.

La frenata negli Stati Uniti e nell'Eurozona ha convinto il Brasile a spostare l'attenzione dalla lotta all'inflazione alla crescita e la Borsa ha subito festeggiato, seguita dai sindacati e dagli industriali, mentre il real perde quota sul dollaro.
Nel suo comunicato, la Banca centrale ha sottolineato che il «sostanziale deterioramento» dell'economia globale potrebbe «durare a lungo» e potrebbe frenare il commercio e i flussi d'investimento nel Paese.


Quello che i membri del board non scrivono nella nota, ma che devono aver considerato, è che la frenata dell'economia mondiale raffredderà le quotazioni delle commodities, uno dei principali fattori dietro la corsa dei prezzi nel Paese.


La discesa dei prezzi delle materie prime, se sarà consistente, sarà allora un freno all'inflazione molto più efficace di qualsiasi rialzo dei tassi d'interesse.


Inoltre, in una fase di potenziale riflusso degli scambi commerciali, di sicuro non aiuta avere un real pesante e dalla fine del 2008, la moneta brasiliana è stata quella che più si è apprezzata tra le divise dei Paesi emergenti.


Insomma, il Brasile si è reso conto in fretta che la priorità non è più quella di raffreddare l'economia, quanto piuttosto di preservarne la spinta, ora che i fattori inflattivi esogeni potrebbero esaurirsi.


Del resto, i segnali sul fronte interno sono chiari: il Pil del Brasile rallenterà quest'anno al 3,9%, dopo il 7,5% messo a segno nel 2010; la produzione industriale a luglio è scesa dello 0,3% e l'attività economica, misurata ogni mese dalla Banca centrale, si è contratta a giugno per la prima volta dal 2008.
Il taglio dei tassi sembra addirittura coordinato con il Governo.
In un'intervista rilasciata alla Reuters mercoledì, poche ore prima della decisione della Banca centrale, il ministro delle Finanze Guido Mantega aveva ribadito la volontà di arrestare la corsa del real, assicurando che l'inflazione è sotto controllo.

E ora in molti sono pronti a scommettere che sia cominciato un ciclo di ribassi del costo del denaro.


Brasile, introdotta società a responsabilità limitata con socio unico

La legge 12,441/2011 ha introdotto una nuova forma di società: la società a responsabilità limitata a socio unico

La legge prevede che anche una sola persona possa detenere la totalità del capitale sociale, che non dovrà essere inferiore a 100 salari minimi, somma attualmente pari a BRL 54,500, che rappresenta circa USD 34,000.

In questa forma di società la responsabilità dell'investitore è limitata alle quote sottoscritte. Ciò significa che una volta che il capitale è sottoscritto e versato, i beni personali dell'investitore non possono essere intaccati dai creditori della società. Questo era un beneficio garantito soltanto alle società per azioni (SA) e alle società a responsabilità limitata con 2 o più soci. Prima di questa legge, le società con socio unico erano soggette alla responsabilità illimitata del socio.

Si discute se la nuova forma di società può essere formata solo da persone fisiche o anche da imprese. Ci si aspetta che le autorità competenti chiariscano questo punto nei prossimi mesi. La legge 12,441/2011 entrerà in vigore nel gennaio 2012.

Questa forma di società, già prevista da altri ordinamenti, rappresenta una risposta alle richieste del mercato Brasiliano. Aiuterà gli investitori stranieri ad entrare più facilmente nel mercato, poichè essi non dovranno più trovare un socio, che frequentemente detiene solo un'azione e potranno comunque godere della responsabilità limitata all'investimento.

Con la nuova impresa individuale a responsabilità limitata -EIRELI- che entrerà in vigore da Gennaio 2012 si vuole porre un argine alle numerose società -LTDA- "simulate", dove il 99% delle quote societarie sono detenute da un solo investitore mentre la quota rimanente dell'1% è detenuta da un socio "figurativo" brasiliano (laranjas) con il solo scopo di ottemperare alle disposizioni legislative.
Rimane assodato che per ottenere il visto permanente come investitore sono necessari almeno 150.000 BRL.